CI STIAMO TRASFORMANDO!
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Suggerimenti utili per uscire dalla dipendenza da smartphone.
La diffusione di massa degli smartphone sta generando tutta una serie di disturbi che vengono classificati dagli specialisti, come delle vere e proprie malattie mentali.
Il cellulare è ormai parte della nostra quotidianità tanto quanto un paio di scarpe!
Non ce ne riusciamo a staccare ed entriamo in uno stato di ansia se lo lasciamo a casa, se si esaurisce il credito residuo o la batteria, o se non si ha copertura di rete.
Ammettiamolo! 😉
Secondo una ricerca condotta a livello mondiale dalla società Synovate, infatti, sembra che nessuno ne faccia e meno e che tutti abbiano con sé un cellulare in ogni momento e in ogni luogo. Sì, anche in bagno! 🚽
Sono state ben 8.000 le persone intervistate, di queste il 33% ha ammesso di non poter vivere senza.
Il 25% del campione ha detto chiaramente che, potendo scegliere, preferirebbe smarrire il portafogli piuttosto che il telefonino. I soldi si guadagnano nuovamente e i documenti si possono richiedere negli appositi uffici, ma una volta persi tutti i contatti telefonici, gli sms, le foto e tutto il resto, è molto più difficile recuperare i dati.
Addirittura il 66% di coloro che hanno preso parte alla ricerca non spengono mai l’apparecchio e lo tengono acceso sul comodino durante la notte. Questo fa capire quanto ormai ci sia un fortissimo attaccamento al “telefonino”.
Tale attaccamento è noto come “nomofobia”, abbreviativo di “no-mobile-phone phobia”, ovvero la paura incontrollata (fobia) di non avere accesso alle rete di telefonia mobile.
Il nomofobo ha la necessità di controllare costantamente lo smartphone, alla ricerca di nuove notifiche in arrivo.
Secondo quanto segnalato da David Greenfield, assistente clinico nella facoltà di Psichiatria alla Scuola di Medicina del Connecticut, l’attaccamento al proprio smartphone è simile ad altri tipi di dipendenza che comportano una disregolazione della dopamina.
La dopamina è un neurotrasmettitore che regola il “sistema di ricompense” del cervello, ovvero motiva le persone a compiere azioni per cui si pensa che si riceverà un premio: “Ogni volta che si riceve una notifica sul telefono, c’è un piccolo aumento della dopamina che ci informa che potrebbe essere qualcosa di interessante, sia questo un messaggio di testo, una mail, o qualsiasi altra cosa”, sono le parole del professore durante un’intervista.
“Il fatto è che non sai quando arriverà una nuova notifica, e questo costringe il cervello dell’utente affetto dalla patologia a continuare a controllare. È come se fosse una piccola slot machine.”
La nomofobia è un fenomeno di cui si parla ormai da quando il settore degli smartphone si è rivolto alle masse, e rientra all’interno di un campo più ampio, ovvero quello della dipendenza da internet. Solo di recente, tuttavia, alcuni psicologi hanno proposto di aggiungere la nomofobia all’interno del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), ovvero nel manuale delle patologie riconosciute ufficialmente.
È importante creare delle linee guida, secondo Archer, per cercare di arginare la dipendenza da internet e dal proprio smartphone, iniziando con semplici regole da imporsi autonomamente: smettere di inviare messaggi mentre si guida, non portare dispositivi elettronici in bagno, non usare lo smartphone durante un’uscita con gli amici o un appuntamento in generale; questi potrebbero rappresentare un buon inizio per distaccarsi, quando possibile, dalla dipendenza dalla tecnologia.
Le sale da ballo, ma anche le scuole di danza o le palestre, sono forse gli unici luoghi in cui il fenomeno della nomofobia è meno evidente. Anzi, sono posti che rappresentano ancora una sorta di oasi di benessere, in cui il cervello si focalizza su altre cose e in cui la dopamina viene prodotta dal vedersi riuscire nell’esecuzione di nuovi esercizi, un nuovo passo, una nuova figura in coppia.
Non dimentichiamo che la realtà è unica e sfuggente.
Meno telefonino e più vita nelle nostre giornate!
Basta con l’ anteporre la propria quotidianità alla vita virtuale, imbattersi in vere relazioni sociali, entrare a far parte di qualche gruppo o associazione REALE. Perché, se è vero che di nomofobia non si muore, la ricerca dimostra che, a lungo andare, questa aumenta le insicurezze, impoverisce la vita interiore ed i rapporti interpersonali.